Ciao a tutti e ben ritrovati!
Oggi ho scelto di parlarvi di temi economici.
-Che palle! Che bello!
Dallo scenario internazionale che condiziona anche la nostra bella ed amata Italia fino al ruolo di uno dei tre attori economici: le banche.
L’odierna condizione sociale ed economica ci porta ad affrontare argomenti macroeconomici, a porci interrogativi complessi che a volte non hanno risposte univoche o sono del tutto assenti in virtù del fattore imprevedibilità che rappresenta una costante di tutti gli eventi e di tutte le epoche. La stessa che ci sta facendo vivere la crisi pandemica, un denominatore comune per tutti i settori da quello sanitario a quello economico.
A quei pochi ma tanti interrogativi rimasti, ho cercato di dare risposta chiedendo il parere di Andrea Muratore: classe ’94, analista indipendente specializzato in questioni economiche, scenari internazionali e trend globali; attualmente senior analyst per Osservatorio Globalizzazione, autore di numerosi articoli per riviste come InsideOver.
–Perché la pandemia da Covid19 oltre che sanitaria decreta una crisi economica? Cosa è cambiato e come si sta evolvendo la situazione? Stiamo vivendo una crisi di domanda o di offerta?
I lockdown e il blocco delle attività produttive hanno, logicamente, imposto uno stop brusco alla produzione. Oggi il problema di fondo è l’unione tra la ripresa accelerata dei consumi e la crisi consolidata delle catene del valore.
Questo rende più costosi e complessi i processi aziendali e commerciali. Ne risulta una “botta” inflativa che può danneggiare nel complesso le prospettive di ripresa delle maggiori economie del pianeta.
Da ben prima che l’Europa si auto-confinasse era chiaro che le conseguenze economiche del Covid-19 sarebbero state diverse da quelle delle “vecchie” crisi.
Inizialmente si pensava fosse una crisi dell’offerta. Ma mentre i cargo che alimentano le catene di fornitura globali non hanno mai smesso di volare, quella che sta diventando la peggiore crisi economica degli ultimi settant’anni ha iniziato a mostrare la sua vera faccia: è una crisi della domanda. È in crisi il consumatore.

È in crisi quel complesso sistema di comportamenti individuali e sociali che nel nostro Paese determina oltre il 60% del Pil – questo il peso record in Italia (rispetto ad altri paesi Europei) dei consumi di beni e servizi delle famiglie. E la sfiducia sul futuro blocca la ripresa della domanda frenando le prospettive di investimento dei cittadini delle maggiori economie.
-Panorama italiano: In che modo le nostre aziende possono affrontare la crisi e ripartire? Come un’azienda piccolo-media può affacciarsi al mercato internazionale?
Nel 2021 le imprese hanno affrontato almeno cinque scenari di crisi dimostrando capacità di resistenza. Gravati da diversi problemi comuni e trasversali, i principali settori aziendali hanno sostanzialmente resistito a:
- La prospettiva di una fine dei prestiti garantiti a bassissimo tasso d’interesse e dell’inizio del processo di restituzione.
- La fine del blocco dei licenziamenti e la probabile partenza di una vera e propria catastrofe occupazionale.
- Le incertezze di un mercato interno gravato economicamente e psicologicamente dalla crescente incertezza.
- La “de-globalizzazione” dei settori non digitalizzati, che assistono allo sconvolgimento delle catene del valore e a un’incerta ripresa dei movimenti umani a fini turistici.
- La difficoltà della risposta economica del governo italiano.
In questo scenario precario, l’export segnala che ci sono prospettive notevoli di ripresa per un mondo imprenditoriale che ha saputo tenere duro e difendere posti di lavoro e investimenti.
Nel periodo settembre 2020-agosto 2021, il valore di export del made in Italy è arrivato a ridosso dei 500 miliardi di euro (494).

Bilancio che tende inoltre a migliorare di mese in mese, con luglio, grazie anche a commesse navali una-tantum, a rappresentare (49 miliardi) il singolo valore più alto di sempre.
Trend che in assenza di brusche inversioni di rotta proietta i valori 2021 oltre quota 500 miliardi e che si concretizza già peraltro in un confronto ampiamente positivo nei primi otto mesi dell’anno, in progresso del 6% rispetto all’analogo periodo 2019.
Il fatto che l’export italiano vada bene è sempre una buona notizia, ma ricordiamoci che non è l’indicatore principale dello stato di salute dell’economia.
Sarà la ricostruzione del mercato interno con PNRR e politiche di investimento di lungo periodo la sfida chiave da vincere.
Definito lo scenario globale e lo stato di salute economico italiano, mi chiedo in tutto questo che ruolo stanno avendo le banche. Perché le banche rappresentano il tramite tra il privato (cittadini e imprese) e il credito, il mondo finanziario. Non si può parlare di economia in termini pratici senza conoscere gli attori essenziali di questo rapporto. Guidato dalle vicende non troppo lontane del passaggio di alcune di esse alla forma di Spa (società per azioni) che comportò non poche polemiche e disagi per i risparmiatori (si ricordi la vicenda legata alla vendita “leggera” delle obbligazioni subordinate che costò a molti ignari investitori la perdita dei propri risparmi), ho voluto chiarire a scopo informativo il processo di passaggio alla quotazione in borsa (Spa) e l’importanza delle banche del territorio (credito cooperativo e banche popolari) per le comunità.
-Cosa significa avere una banca che sostiene il territorio? E in che modo avviene?
Nel nostro Paese il concetto di territorio è qualcosa di più di un’enunciazione, è una realtà che affonda le proprie radici in secoli di storia, durante i quali l’intreccio di varie culture, lingue, modi di vivere e nuove modalità commerciali e produttive ha dato origine a tante differenti realtà territoriali le cui peculiarità hanno reso l’Italia un Paese unico. Ciò vale anche per l’attività economico-finanziaria.
Se il nostro è un Paese di PMI che producono, cito Carlo Cipolla “cose belle che piacciono al mondo” all’ombra dei campanili, e l’esperienza dei distretti insegna molto del valore dei network sociali in campo economico, ecco che le banche diventano il polmone per mantenere finanziate le attività cruciali.
La comunità territoriale è l’associazione fra una circostanza fisica ed una percezione mentale che, cementata dal senso di appartenenza, accomuna in una forma di solida relazione i diversi soggetti che la costituiscono, radicatasi in secoli di condivisione di valori e concezioni etico-morali attraverso un percorso storico in cui si è creato un profondo legame fra il territorio inteso come luogo fisico e delle relazioni fra i soggetti che lo costituiscono.
Le banche popolari e le banche di credito cooperativo sono nate, in contesti diversi nei vari territori d’Italia in queste realtà, che rappresentano la condizione costitutiva, ed in esse si radicano facendo del loro sviluppo la propria missione aziendale.
Il territorio è, per la banca del territorio, l’orizzonte strategico per cui risulta fondamentale la conoscenza ed il rapporto diretto con i clienti, la sua conoscenza (del territorio) e delle sue dinamiche che rappresentano il vero fattore reddituale sul quale puntare per consolidare il radicamento commerciale e il rafforzamento patrimoniale.
-Perché alcune banche sono diventate Spa? Cosa cambia per i semplici clienti?

La trasformazione delle popolari in Spa, completata di recente con il passaggio a Spa di Popolare di Sondrio, attua la riforma del governo Renzi approvata nel 2015.
La norma ha modificato il Testo unico bancario ponendo un limite di attivi per individuare le banche alle quali si continua ad applicare la speciale normativa per le popolari.
L’attivo della banca popolare non può superare gli otto miliardi di euro e se si tratta di un gruppo si determina il limite a livello consolidato.
Qualora tale livello venisse superato in itinere, ci sono dodici mesi di tempo per rientrare nei ranghi o operare la trasformazione in Spa. In caso contrario, Bankitalia ha potere sanzionatorio.
La trasformazione in Spa non è un passaggio semplice e comporta diversi rischi per i risparmiatori. Tra i rischi, anche il possibile calo del valore delle azioni rispetto a quello di acquisto e la difficoltà di venderle.
Quello che ci si chiede è: ci saranno delle misure di protezione nei confronti dei risparmiatori? Le azioni potranno essere restituite completamente o in parte? Il Legislatore ciò lo deve chiarire appieno.
D’altro canto, banche popolari trasformate in Spa e subordinate ai parametri di sicurezza patrimoniale e ai parametri degli altri istituti presentano minor rischio che si ripropongano casi di default come quelli degli anni passati.
Ringrazio il dott. Andrea Muratore per la disponibilità e la precisione delle risposte fornite.
Gli ingredienti per la ripresa: Cambio di mentalità, innovazione dei processi di produzione e banche territoriali
Il PNRR dovrà anche sostenere quelle realtà che hanno bisogno di aggiornarsi in termini di processi di produzione e risorse umane per ripartire e ritagliarsi la propria fetta di mercato. Sarà importante in quest’ottica fare un cambio di mentalità nelle scelte strategiche e attuare quei cambiamenti necessari per inaugurare una nuova stagione. Se è vero che il nostro mercato interno sta soffrendo (crisi della domanda e del consumatore) è anche vero che l’export sta trainando il PIL. Allora appare evidente che bisogna guardare, più che mai d’ora in avanti, ai consumatori esterni per la sostenibilità aziendale; n quest’ottica serve puntare sulla formazione di vecchie e nuove leve (sostenere il mercato del lavoro interno). In questa direzione sarà utile che le banche facciano la loro parte nell’ottica di sostegno alle comunità locali.