
Ciao curiosi,
in occasione della giornata mondiale dei Lego, voglio raccontarvi un aneddoto importante che ha segnato la storia del brand.
Tutti conosciamo Lego e i suoi mattoncini colorati con cui abbiamo giocato almeno una volta nella vita.
Oggi Lego è leader mondiale nel settore giochi, ma non è stato sempre così.
Dovete sapere che agli inizi degli anni 2000, Lego stava affrontando una crisi importante che avrebbe potuto cancellarla per sempre.
Il crollo di Lego
Lego è l’azienda danese specializzata nello sviluppo di giochi per bambini e adulti.
Il suo prodotto principale è rappresentato dai mattoncini colorati con cui comporre costruzioni libere o articolate, spesso fedeli rappresentazioni di monumenti importanti o oggetti complessi.
Chi non ha mai giocato coi Lego?
Eppure, se avete la mia età (sono nato nel 1991, rientro nei millienals!), ricorderete un periodo passato in cui i Lego erano diventati “quasi” obsoleti. Più precisamente era il 2003 e Lego stava perdendo il suo appeal e pure il suo fatturato, registrando un calo del 30%.
Le parole del suo CEO, Joergen Vig Knudstorp non lasciavano dubbi: “Siamo a un passo dalla rovina, potremmo chiudere”
Ve lo immaginate Lego che fallisce?
Impensabile, oggi.
Eppure stava accadendo.
La ricerca delle cause con i big data
Le cause di questo crollo furono essenzialmente dovute a due fattori :
- La nascita dei primi videogames, avvenuta già nel 1981 col gioco Donkey Kong e i successivi come Nintendo, i cosiddetti giochi a scorrimento orizzontale, che non turbavano gli addetti ai lavori finché i videogames non arrivarono sui PC.
- Negli anni ‘90, Lego si era concentrata nello sviluppo di elementi di contorno al suo core product (i mattoncini), dando vita a parchi a tema, negozi, abbigliamento per bambini, riviste, ecc …
Tutti gli studi commissionati da Lego, fondati su quelli che vengono definiti big data (dati macroscopici) portavano allo stesso risultato: era cambiato il target.
I nuovi bambini, i millennials, erano definiti vivaci e impazienti, per cui non adatti al classico gioco di costruzione coi Lego.
Per cui Lego pensò a una prima soluzione per riconquistare il suo pubblico: costruire mattoncini più grandi.
Lindstrom e Lego: l’importanza delle piccole cose
Nel frattempo però, nel 2004, in Lego assunsero Martin Lindstrom affidandogli il compito di attuare una strategia di re-branding, ossia apportare modifiche anche strutturali all’azienda, al fine di ritrovare la giusta posizione all’interno del mercato.
Chi è Martin Lindstrom?
Martin Lindstrom, danese, oggi ha 57 anni, è un consulente aziendale specializzato in business transformation e branding.
Autore di diversi libri sul marketing tra cui Small Data, il potere delle piccole tracce e Neuromarketing.
Inserito nella lista di Time tra i 100 personaggi più influenti al mondo nel 2009.
Lindstrom, è solito avvalersi della tecnica etnografica per raggiungere gli obiettivi che gli vengono chiesti dalle aziende.
La tecnica etnografica consiste nel recarsi all’interno dei contesti che si vuole indagare e, attraverso l’osservazione e la raccolta di informazioni e dettagli quasi irrilevanti ai più, cercare soluzioni a problemi complessi.
La soluzione Lego: un vecchio paio di scarpe consumate in soffitta
Incaricato da Lego, Lindstrom attuò la sua tecnica, cominciando ad entrare nelle case delle persone per osservare il loro comportamento, in questo caso le dinamiche intorno al gioco.
Nel 2004, Lindstrom e altri dirigenti, si recarono in una piccola città tedesca, in casa di un ragazzino di 11 anni appassionato di Lego.
Lo scopo era capire cosa differenziasse Lego da altri giochi.
Quando chiesero al ragazzino quale fosse la cosa di cui andasse più fiero, questi rispose mostrando loro un vecchio paio di scarpe dell’Adidas, per lo più consumate.
Il ragazzino era un appassionato di skateboard e il modo in cui quelle scarpe erano rovinate, presentando tagli e logoramenti proprio sui lati e sui tacchetti, erano una prova tangibile e inconfondibile del suo talento.
Un vero e proprio trofeo! Una riprova sociale che quel ragazzino fosse il miglior skater della città.
Con questo aneddoto, i dirigenti capirono che tutte le teorie fino ad allora avanzate e fondate sui macro dati, erano sbagliate. Inoltre compresero un aspetto molto più importante, ossia cosa rappresentasse il gioco per un ragazzino: una missione, un impegno serio.
Il successo di Lego
La mossa successiva fu quella di andare in controtendenza.
Si ritornò alle dimensioni originali dei mattoncini e oltre, aggiungendo dettagli minuziosi alle costruzioni con mattoncini più piccoli e rendendo le istruzioni più complesse.
Bisognava rendere il gioco una vera e propria missione in cui impegnarsi seriamente e la cui riuscita potesse rappresentare una vittoria per i giocatori, una prova tangibile del loro impegno.
Nel 2014, dopo il successo mondiale di The Logo Movie e la strategia complessiva di merchandise, il fatturato di Lego registrò un +11%, superando i 2 miliardi di dollari.
Lego era diventato per la prima volta il primo produttore di giochi al mondo.
Conclusioni
La storia di Lego e del suo ritorno al successo è davvero incredibile e ci lascia un insegnamento:
l’importanza dell’osservazione da vicino dei fenomeni, la capacità di andare oltre gli schemi e il coraggio di osare.
Nella risoluzione dei nostri problemi, dovremmo prendere spunto dalla storia di Lego e dal metodo Lindstrom.
Il primo passo è porsi le giuste domande e andare a ricercare le risposte nei posti più adatti.
Che ve ne pare? Conoscevate questa storia?